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1. I primi arresti della giurisprudenza di legittimità in tema di videoriprese investigative eseguite dalla polizia giudiziaria
Nell’ambito delle indagini preliminari, la polizia giudiziaria ricorre con sempre maggiore frequenza all’utilizzo di strumenti tecnici di captazione visiva in modo occulto e, dunque, all’insaputa del soggetto ripreso, complice anche la straordinaria evoluzione della tecnologia digitale negli ultimi anni.
Si tratta delle c.d. “videoriprese investigative”, dunque atti di indagine da utilizzare poi con finalità probatoria nell’eventuale procedimento de libertate ovvero al fine dell’accertamento della responsabilità dell’imputato nel processo di merito1.
Tali videoriprese vanno tenute ben distinte, dal punto di vista sistematico e della conseguente utilizzabilità, dalle videoriprese effettuate da privati o da organi pubblici al di fuori del procedimento penale, ad esempio attraverso sistemi di videosorveglianza a circuito chiuso installati per motivi di sicurezza, e dunque con funzione soprattutto di prevenzione dei reati, all’esterno o all’interno di edifici, come istituti di credito, stazioni ferroviarie, aeroporti, stadi, uffici pubblici o privati, esercizi commerciali, ma anche in strade e piazze: videoregistrazioni che possono, in seguito, risultare utilissime agli investigatori per l’individuazione dei responsabili di eventuali reati commessi e che vanno qualificate come prova documentale ex art. 234 c.p.p.2.