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1. Note preliminari

In questi ultimi decenni l’efficacia di norme e principi giuridici è stata spesso influenzata dal rapido sviluppo tecnologico che ne ha messo in discussione l’idoneità e la portata1.
La transizione da una “società digitale” a una “società guidata dall’intelligenza artificiale” (IA), marchiata a fuoco dal metodo induttivo e predittivo2, pone problemi inediti che finiscono per inasprire il già complicato rapporto tra tecnica ed etica, tra diritto e tecnica3. L’Intelligenza artificiale innerva la realtà sociale ed economica, vuoi creando nuovi processi, organizzazioni e attività, vuoi efficientando quelli esistenti. La creazione di sistemi software e hardware in grado di pensare, apprendere e forse anche “sentire”, sfida le concezioni tradizionali; cambia la comprensione dell’essere, della vita e dell’esistenza stessa4. Ammettere che possa esistere una vita artificiale porta il giurista ad interrogarsi sulla regolamentazione delle condotte da ciò scaturenti e, finanche, sull’esistenza di un diritto artificiale. Nell’attuale “era della digitalizzazione”, gli esseri umani e le macchine interagiscono e dipendono gli uni dalle altre sempre più fortemente e inscindibilmente, come altrettanti agenti “consci” e “inconsci”.

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