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Negli anni 70 del secolo scorso nel ‘Nuovo Continente’ correnti sociologiche, con l’intento di chiarificare le identità proprie dei due ‘sessi’, introducono nella terminologia, poi divenuta comune, il vocabolo genere. Il gender è una costruzione culturalmente codificata verrebbe da dire, (certo) soggetto a stereotipi ancora irrinunziabili. Le donne, tutt’oggi, vivono difatti in condizioni inique ed ineguali rispetto a quelle riconosciute al genere altro, in materia occupazionale, retributiva, nell’accesso alle risorse e nella salvaguardia delle pari opportunità. Quell’uguaglianza tanto auspicata e faticosamente combattuta, pare ancora un’utopia e il genere femminile vessato, osteggiato da un sistema ‘esuberantemente’ maschilista. Eppure gli Stati, tutti, da lungo tempo oramai si fanno precursori di politiche attive e assistenziali a tal fine destinate. Il presente contributo è finalizzato ad investigare (anche se in maniera non esaustiva ed esauriente) gli interventi statali succedutisi negli anni, pure (e soprattutto) soffermandosi su quanto compiuto e auspicato dall’Unione Europea in primis. In quanto comparatista, l’esame ricade, nella seconda parte, sull’analisi delle condizioni offerte dai Paesi nordici, Svezia, Finlandia, che possono dirsi oggi effettivi tutori della parità di genere e che potrebbero, pertanto, divenire modello di riferimento (e di impulso) per gli altri Paesi, compreso il nostro. 

In the 1970s in the ‘New Continent’ sociological currents, with the intention of clarifying the identities proper to the two ‘sexes,’ introduced the word gender into the terminology, which later became commonplace. Gender is a culturally codified construction it would come to be said, (admittedly) subject to stereotypes that are still unrenewable. Women, to this day, live in fact in unequal and unequal conditions with respect to those recognized for the other gender, in matters of employment, pay, access to resources and the preservation of equal opportunities. That much hoped-for and hard-fought equality still seems to be a utopia and the female gender harassed, opposed by an ‘exuberantly’ macho system. Yet states, all of them, have for a long time now been forerunners of active and welfare policies intended for this purpose. The present contribution is aimed at investigating (though not exhaustively and  comprehensively) the state interventions that have taken place over the years, also (and especially) dwelling on what has been accomplished and desired by the European Union in the first place. As a comparatist, the examination falls, in the second part, on the analysis of the conditions offered by the Nordic countries, Sweden, Finland, which can be said to be effective guardians of gender equality today and which could, therefore, become a model of reference (and impetus) for other countries, including our own.

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