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«Chi non legge, a settant’anni avrà vissuto solo una vita: la propria. Chi legge avrà vissuto cinquemila anni: c’era quando Caino uccise
Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è un’immortalità all’indietro»1. Così scriveva Umberto Eco sulla rivista l’Espresso, tentando di avvicinare i giovani alla lettura e di aumentarne i proseliti. Sui benefici della lettura intere generazioni di insegnanti e genitori hanno speso fiumi di parole nella speranza di convincere i propri alunni e figli a dedicarsi a tale attività, tanto benefica quanto solitaria; la lettura si traduce infatti in un rapporto uno ad uno: da un lato il lettore, dall’altro il libro, oggetto inanimato, fatto di carta e inchiostro. Tale solitudine, in tempi di costante connessione web con l’altro da sé, è solo apparente, come sanno tutti i lettori c.d. forti, perché il libro parla, eccome! Non solo, ma spesso ti coccola e ti consola, ti fa innamorare o arrabbiare, ti delude o ti sconvolge, proprio come le persone in carne in ossa. I libri (quelli buoni) hanno un linguaggio originale che si sviluppa inesorabile attraverso la trama, l’ambientazione e i personaggi e accompagnano il lettore mentre trascorre la sua vita, immergendolo a sua volta nella vita che scorre tra le pagine, in una contaminazione portentosa, altrimenti come si farebbe a presenziare al matrimonio di Renzo e Lucia, come affermava Eco?,….Continua a leggere

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